Uno degli aspetti più appariscenti, nel mondo Biker, è sicuramente l’abbigliamento. La maggior parte dei gruppi tendono col tempo ad uniformarsi – all’interno delle loro specifiche realtà – oltre che con i gilet sui quali mettere i colori, anche con una certa personalissima moda, o tendenza nel vestire. E’ quindi facile imbattersi in gruppi dove jeans e giubbotti – di pelle nera o mimetici – la fanno da padrone. Anche tra chi non vive la vita del club c’è comunque una ricorrente abitudine ad uniformarsi a quel particolare aspetto che fa subito pensare al Biker, quando si incrocia un motociclista. Immancabile è comunque il giubbotto, capo irrinunciabile e presente nell’immaginario collettivo. Dai celebrati “Blouson noir” alla Marlon Brando nel film “Il selvaggio” alla spettacolare evoluzione del capo, con inserti tecnici e patch multicolori, ben rappresentati in altri film come in “Harley Davidson & Marlboro Man” dove Mickey Rourke giganteggiava col suo giubbotto diventato, da allora, una sorta di icona. Proprio di questo in particolare si è spesso parlato, in considerazione del fatto che, essendo diventato un vero “oggetto del desiderio” da parte del pubblico, è facile trovarne in vendita repliche accurate su internet. E benché il costo sia davvero elevato – raggiunge facilmente quasi mille euro – gli acquirenti non mancano. Quanti però si saranno chiesti il significato delle molte patches che lo ornano? Proviamo ad esaminarle, ricordando intanto che l’originale è stato ideato e disegnato dallo stesso Rourke e realizzato in California da ZED Custom Leather. La Z compare in evidenza sulla schiena, in basso, sotto la scritta HARLEY sulla spalla , i fulmini centrali e il rocker DAVIDSON in basso. Interessante notare come, molto saggiamente, nella realizzazione si sia evitato l’errore fondamentale di fare i due rockers in alto e in basso, ed un logo centrale, perché è notorio come sia consentito soltanto ai moto club ufficiali e riconosciuti. Le altre patches si dispiegano sulle braccia e sul davanti, vediamole. E’ anzitutto curioso un particolare, le patch commemorative degli amici e familiari defunti sono tutte sul lato sinistro del capo: è infatti una tradizione, una convenzione non scritta, tra i tatuatori soprattutto, che il lato sinistro del corpo sia dedicato alla famiglia, con nomi di figli, ritratti dei propri cari o le classiche immagini funerarie di cimiteri e lapidi con i nomi di amici e parenti morti. Mentre il lato destro del corpo, braccia in special modo, vengono dedicate a tatuaggi – e di riflesso, nel nostro discorso, alle patches – inerenti i propri interessi o la “famiglia”, il club. E’ facile infatti trovare bikers che portano sul braccio destro tatuato il logo del Club e sul sinistro nomi di figli o ritratti. Dunque, anche sul giubbotto di Mickey Rourke troviamo queste cose: sul petto, a sinistra, le carte della “Mano del Morto”, sotto ognuna delle quali le iniziali di parenti e amici. Qui vediamo una grossa differenza però dalla leggenda originale; la “Mano del Morto” erano le carte strette in mano da Wild Bill Hickok, celebre pistolero americano, mentre veniva freddato durante una partita di poker il 2 agosto del 1876, a Deadwood, ed erano cinque, non otto. Di queste due erano assi e due otto, di colore nero. Sulla quinta ci si interroga da sempre e convenzionalmente si tende a credere fosse un joker. Questa particolare combinazione è ritenuta il massimo del colpo di sfortuna da parte dei giocatori. Rourke, desiderando inserire più iniziali di parenti e amici, ne ha messe otto. Sotto questa, un'altra patch commemora la EVOLUTION, Harley Davidson 1340 cc carburatore. Sul braccio sinistro, restando nell’ottica dell’omaggio ai defunti, compaiono altre due patches: su quella superiore una croce celtica sormontata dal motto “Tiocfaidh Ar-la” ricorda il combattente dell’PIRA Bobby Sands, morto nel carcere di Long Kesh, nel 1981 al termine di un devastante sciopero della fame insieme ad altri dieci militanti dell’esercito di liberazione irlandese. Bobby Sands pronunciò questa frase “Verrà il nostro giorno” in gaelico ed essa venne poi adottata dalla Provisional Irish Republican Army. L’altra toppa ricorda invece, con la scritta SRV-MCMLVI-XC S.R.V., l’anno di nascita e di morte del cantante blues Steve Ray Vaughan, amico di Rourke. Curioso come in alcune repliche commerciali del giubbotto questa toppa compaia anche sul davanti, in basso. Sul fronte destro del giubbotto troviamo altre indicazioni, più legate – come spiegato in precedenza – alle passioni di Rourke o al film nel quale è comparso, appunto “Harley Davidson & Marlboro Man”. La prima, in alto, pubblicizza il Bartel’s HD, l’officina americana che ha realizzato la moto – in tre esemplari – usata nel film.
La seconda ricorda MCB, cioè “Motorcycle Boy”, il soprannome del personaggio interpretato da Rourke nel film del 1983 “Rusty il selvaggio, di Coppola, dove interpreta il fratello maggiore del protagonista, un biker sbandato e destinato ad una tragica fine in un dramma magistralmente realizzato con l’uso di un bianco e nero altamente drammatico. FXRS è invece il codice Harley del tipo di moto. In basso infine troviamo nuovamente una croce celtica con due piccole croci rosse e dei glifi a contorno, patch il cui significato è rimasto imprecisato ma che si presume voglia rapportarsi alle radici religiose di Rourke. Passando ad esaminare il braccio destro, oltre a notare come anche questo, in certe repliche commerciali, presenti toppe diverse o in aggiunta rispetto all’originale del film, troviamo il nome in tedesco della moto, ovvero Morte Nera , “Schwarzer Tod”. A scendere, una toppa colorata in arancione con un uccello di fuoco – il Thunderbird , totem cultuale dei pellerossa americani – e la scritta WYOMING OUTLAW. Questo, che è il titolo di un film del 1939 di George Sherman, distribuito in Italia nel 1965 mescolato ad un'altra pellicola “Santa Fe Stampede” con il titolo unico de “Il grande sperone”, vede le gesta di un giovane John Wayne e parla di un fuorilegge in fuga dalla polizia. Ricordiamo infatti che le stampede erano i gruppi di cacciatori che autonomamente si riunivano per inseguire i malviventi dopo le rapine a banche o treni, nel selvaggio West. Wyoming Outlaw è il soprannome dato da Rourke alla modella Carrè Otis che sposò nel 1992 e da cui divorziò nel 1998 dopo anni di abusi, colpi di testa, droghe e tradimenti. Rourke sembrò essere rimasto sentimentalmente legato alla Otis, che ha avuto modo di narrare in interviste e autobiografie una relazione che le ha fatto abbandonare il mondo del cinema e una promettente carriera. Un'altra toppa sul braccio ricorda il cinquantesimo raduno “Sturgis” del 1990, che si tiene nel South Dakota. Il primo raduno venne organizzato nel 1938 dagli Jackpine Gypsies, dedicato alle moto Indian, e venne denominato “Black Hills Classic”, fondato da Clarence “Pappy” Hoel. Si calcola che nel 2015 vi abbiano partecipato quasi novecentomila persone. L’ultima irriverente toppa che fa bella mostra di sé, recita “Bonne nuit salope”, letteralmente “buona notte puttana” e si riferisce ad una battuta del film. Come abbiamo visto, nel suo insieme il giubbotto va di buon diritto ad inserirsi tra quelli abitualmente portati dai free bikers, che amano cucire scritte di ogni tipo e toppe commemorative di raduni motociclistici; certamente un oggetto del genere è lontano anni luce dalle “divise” portate dai membri di club ma ha comunque un suo innegabile fascino, così come i caleidoscopici, affastellati gilet che girano in tanti motoraduni. E chiaramente, non sottovalutiamo l’importanza del fascino carismatico di Rourke, al quale – almeno a quello dei tempi del film “Harley Davidson & Marlboro Man” – sicuramente in tanti vorrebbero somigliare.
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